“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, anche tra brand journalism e web.

Cosa c’entrano il brand journalism e il web con la legge della conservazione della massa?

In realtà molto, perché il postulato di Lavoisier calza a pennello anche per spiegare che il brand journalism è una tecnica efficace per creare strategie di successo sia off-line che on- line. Cambiano le piattaforme, mutano i linguaggi ma ciò che si è trasformato profondamente è il ruolo del brand nei confronti del cliente. La missione del brand journalist è di comprendere l’evoluzione in atto nella società ed aiutare le aziende a diventare parte attiva in questa situazione caotica in cui i consumatori sembrano aver perso la rotta.

Perché abbiamo scomodato Lavoisier e la legge della conservazione della massa…

Partiamo dal primo punto: “nulla si crea”.

Il brand journalism in effetti esiste dalla fine del 1.800, quindi, al di là di aver dato un nome moderno a questa antica attività pubblicitaria, ciò che possono fare oggi i professionisti della comunicazione è aiutare le aziende a creare e diffondere racconti interessanti ed in qualche modo utili per i propri clienti.

“Nulla si distrugge”. Il marketing tradizionale non è morto, sta solo cambiando.

Infatti, se da una parte i principi fondamentali del marketing restano tali, dall’altra le aziende devono per forza di cose fare i conti con un cambiamento radicale delle vite delle persone e dei modelli di consumo. Innanzitutto il profilo del cliente tipo, visto nella accezione tradizionale di “singolo soggetto con segni distintivi chiari e immutabili”, non esiste più. Stiamo parlando della signora Maria con comportamenti d’acquisto sedimentati, ripetitivi e prevedibili, che oggi ha lasciato il posto ai “buyer personas”. Con questo termine facciamo riferimento a gruppi con abitudini mutevoli e proiettati in una dimensione dove il consumo ha come obiettivo la soddisfazione di un bisogno emotivo ed esperienziale. L’utilizzo di un prodotto o di un servizio diventano quindi una sorta di rituale di con-divisione con persone appartenenti alla propria comunità di riferimento, in rete e nel mondo reale.
I brand si sono così ritrovati a colmare il bisogno di socialità di un cliente sempre più connesso ma inesorabilmente sempre più solo e spaesato.
Una solitudine che è dovuta, per buona parte, alla mancanza di punti di riferimento, di modelli a cui ispirarsi, una volta che le grandi istituzioni (gruppi religiosi, gruppi politici e di impegno sociale) sono andate in crisi lasciando un grande vuoto. Se il consumo si afferma come un linguaggio con il quale parlare di sé, ecco allora che le aziende oggi possono cogliere la grande opportunità di cambiare rotta creando valore e racconti in grado di ispirare.

“Tutto si trasforma”: come il brand journalism può aiutare le aziende a trasformare il proprio modo di comunicare sul web.

Il compito del brand journalist è di entrare in sintonia con la realtà profonda del brand, al fine di generare un patrimonio di conoscenza da mettere a disposizione dei clienti.

Il brand-editore diventa responsabile della produzione di informazioni utili o racconti a scopo educativo, da offrire liberamente. Portiamo l’esempio di Cocainenomics, un sito che riporta una indagine dettagliata sui traffici di droga dal sud America, creato per promuovere la serie Narcos, in onda su Netflix; Con l’operazione “Mondi separati” Heineken, vediamo alcuni clienti confrontarsi su “temi caldi”, dove il prodotto diventa il tramite che permette a persone appartenenti a mondi diversi di mettersi a discutere serenamene attorno ad un tavolo.
Questi due esempi, insieme a molti altri, ci fanno comprendere come i marchi in grado di costruire percorsi virtuosi, sono quelli capaci di fornire esperienze utili e degne di essere condivise. Il web oggi non pone limite alle soluzioni creative e ai mezzi sui quali veicolarle, l’importante, come dice Johan Berger in “Contagioso”, è non cadere nell’errore di considerare il web una strategia e non un mezzo.
Per fare questo, servono prima di tutto trasparenza e coraggio da parte delle imprese; servono obiettivi chiari ed una corretta pianificazione delle azioni, uniti ad uno sguardo nuovo sulla nostra società. A questo punto, forse, saremo pronti per la trasformazione.

 

Scopri la posizione ideale del tuo marchio.

Brand positioning: perché è importante definire la posizione del tuo marchio sul mercato?

Il posizionamento strategico o “brand positioning”.

Ora che hai mappato le informazioni essenziali sull’identità della tua azienda o del tuo prodotto puoi iniziare a ragionare su un altro concetto fondamentale, quello di posizionamento strategico. (Se non l’hai ancora fatto, sei ancora in tempo per farlo qui)
In questa fase dovrai distillare le informazioni prodotte dall’analisi swot,  per definire la promessa con cui ti presenterai sul tuo mercato di riferimento o su nuovi mercati.
Ti dirò di più, la definizione del tuo posizionamento strategico ti porterà a riflettere con maggiore precisione su tre punti fondamentali:

Il profilo del nostro cliente tipo. Questo è un passaggio importante, perché una conoscenza approfondita del cliente ti permetterà di dialogare in maniera più precisa e pertinente.
Circoscrivere il mercato in cui operi, cercando il posto (quindi la posizione) in cui ti senti più a tuo agio, allontanando la concorrenza.
L’individuazione di altri mercati nei quali potrebbero crearsi nuove possibilità di business.

Ti chiederai, che senso ha tutto questo?

Ci sono diverse risposte.

1- Il brand positioning fornisce in sintesi le informazioni necessarie sul perché dovrebbero scegliere te al posto di altri.

“Spesso la nostra struttura mentale vuole pochi input e ben chiari, soprattutto quando ci si pone davanti a qualcosa di nuovo.”

Essere in grado di individuare e di fornire le informazioni necessarie sulla propria identità aziendale o sul vantaggio offerto dal nostro prodotto è una cosa che non tutti fanno.
Ho riscontrato che molte aziende, oltre a non aver ben focalizzato i temi con i quali presentarsi, spesso nella comunicazione utilizzano troppi argomenti creando solo confusione nella mente del proprio interlocutore.

2- Un corretto brand positioning ti indirizza con maggiore precisione su una nicchia di mercato anziché sparare sulla folla.

A prima vista è più comodo pensare che ragionando su grandi numeri le possibilità di successo siano maggiori. In realtà tutto ciò comporta uno sforzo economico maggiore ed una conseguente dispersione di risorse. Individuare con precisione il proprio target ovvero il tuo cliente tipo ed il mercato di riferimento ti aiuterà ad essere più incisivo ed efficace in ogni tua forma di comunicazione.

Esempi pratici di brand positioning

Anche un panificio può lavorare bene sul posizionamento strategico. Parto da un’attività piccola perché credo sia la dimostrazione che questo metodo vale ad ogni livello e grandezza.
Apparentemente un panificio produce pane e dolci e li vende a tutte le persone che hanno fame… Ovvio no?
 Questa è l’osservazione di chi non sa condurre un’analisi approfondita del caso.

Qui invece analizziamo la stessa attività ma da un punto di vista diverso. 
Immaginiamo che il nostro panificio produca circa 60 tipologie diverse di pani. Si trova su una strada di passaggio che porta ad una zona industriale, per cui il suo target è composto prevalentemente da persone in età lavorativa.

Questa informazione apre degli scenari molto interessanti:

• Se il tuo cliente sta andando al lavoro non ha tempo da perdere quindi il servizio deve essere veloce; devi avere un assortimento di prodotto molto vario nelle fasce orarie prima delle otto e mezza, in pausa pranzo e dopo il lavoro; L’assortimento deve inoltre tenere conto che il cliente acquisterà il pane per la pausa pranzo se la fa a casa e magari qualche prodotto di gastronomia. Oppure vorrà mettere sotto i denti qualcosa di sfizioso e leggero se non torna a casa; 
La fretta non gli consentirà di fare grandi spese; devi concentrarti sugli acquisti d’impulso, quindi un occhio di riguardo va all’esposizione del prodotto facendo capire che in quel banco c’è la soluzione al grande problema del pranzo o della cena.

Andando avanti nell’analisi, allenati ad avere l’occhio attento alle tendenze del mercato: dieta sana e cibi naturali, uniti talvolta ad una scarsa informazione sui temi alimentari, che portano a pensare che pane e pasta debbano essere banditi dalla dieta. 
Considera poi l’ondata di allergie alimentari, reali o presunte. Quindi valuta se nella tua offerta possono rientrare prodotti con caratteristiche specifiche: pezzatura più piccola per chi vuole mangiare poco; l’utilizzo di farine particolari, semi e tutto ciò che può donare al pane un concetto di naturalezza e genuinità; l’utilizzo di lieviti naturali per soddisfare gli stomaci più delicati.
Ti rendi conto di come si aprono le prospettive se ti approcci al tuo lavoro con un’attitudine strategica? 
Ricorda sempre che tutto questo va gestito con molta coerenza nei confronti tuoi e dei tuoi clienti.

Ritornando al nostro esempio, in termini di posizionamento strategico questa attività può scegliere almeno due strade:

  • lavorare su un concetto di “dinamismo” facendo leva sul punto di forza della velocità, della capacità di cogliere le esigenze del cliente in tempi rapidi trasformandole in soluzioni concrete e gustose; sul concetto di salute fisica e mentale, presupposti di base per persone dinamiche ed equilibrate.
  • lavorare sul concetto di genuinità e tradizione, visti come punti fondamentali di una attività che investe molte risorse nello sviluppo di prodotti buoni, sani e in linea con le richieste di una clientela sempre più esigente.

Ora che hai capito cosa significa posizionarsi sul mercato, ti chiederai “come scelgo il mio posizionamento strategico?”

  • Inizia dalle informazioni che hai raccolto con l’analisi swot, sono la base della tua identità ma anche della tua capacità di evolvere e cambiare a seconda delle necessità.
    Analizza bene i tuoi punti di forza e le opportunità che intravedi.
  • Metti bene a fuoco il tuo target: crea dei gruppi divisi età, gusti, abitudini e tendenze e crea un’offerta in grado di soddisfare le esigenze dei gruppi che possono risultare più redditizi.
  • Organizza queste informazioni su un supporto che ti permetta di visualizzarle bene. Un grande foglio appeso ad un muro o una lavagna, aiutano moltissimo a fornirti una panoramica in tempo reale della tua condizione attuale e di quella desiderata.

È giunto il momento di tracciare la tua rotta, mettendo in luce ciò che senti più adatto a te in termini di competenze e di aspirazioni. Trova il tuo “spazio di unicità”, quel luogo dove il tuo talento, la creatività e la tua capacità di cogliere le opportunità è più forte di ciò che i tuoi concorrenti stanno già facendo.

Dallo squat allo swat.

Modello pratico per l’analisi SWOT.

Non è questa la sede per parare di esercizi per rafforzare gambe e glutei, quello che per gli appassionati di fitness è chiamato Squat, che tradotto letteralmente dall’inglese significa “posizione accovacciata”.  Parliamo sempre del concetto di forza, introducendo uno strumento molto importante che dovrebbe precedere ogni attività di marketing di un’azienda. Preparati quindi ad imparare un metodo in grado di fornirti le linee guida per approcciarti alla creazione o al miglioramento di un nuovo prodotto / servizio: l’analisi SWOT.

SWOT è una sigla inglese composta dalle iniziali di queste parole:

Strenghts > punti di forza
Weaknesses > punti di debolezza
Opportunities > opportunità
Threats > minacce

Ti propongo subito un esercizio per entrare nel cuore della questione:

Prendi un foglio e dividilo in 4 sezioni.  Il foglio corrisponde alla tua realtà aziendale oggi.
All’interno delle 4 caselle riporta i punti di forza della tua azienda, i punti di debolezza, le opportunità che potrebbero offrire vantaggio competitivo e le minacce che provengono dall’interno o dall’esterno della tua realtà.

Sembra facile vero? In verità non lo è perché ti costringe ad analizzare delle situazioni che vissute da dentro diventano scontate e “normale quotidianità”. Me ne accorgo ogni volta in cui entro in un’azienda: già dalla prima chiacchierata spesso colgo ciò che l’imprenditore e i dipendenti non sono più abituati a vedere. È il vantaggio di avere un occhio esterno alla situazione.
Per fare bene questo esercizio bisogna andare a fondo (come nello squat!) ed osservare la tua realtà con uno sguardo diverso, distaccato. Fatti aiutare dai tuoi dipendenti e dalle persone che ti gravitano attorno. Otterrai utili spunti e soprattutto contribuirai a creare coinvolgimento nel team.

Ti faccio un esempio di come condurre questa analisi. Prendilo con le pinze, è solo uno spunto per farti capire dove andrai a parare.

I punti di forza potrebbero essere i seguenti:

– Patrimonio storico: questa vale se l’azienda è attiva da molti anni e commercializza prodotti che possono acquisire valore attraverso la “storicità” vista come esperienza e conoscenza.
– Di contro possiamo essere in presenza di un’azienda che vende prodotti ad alto contenuto tecnologico. Qui la storia, anche se ci fosse, potrebbe non essere un punto da mettere in risalto (dico potrebbe perché poi bisogno analizzare nello specifico il caso). Piuttosto mettiamo al primo posto la ricerca, il team preparato, le persone come patrimonio in grado di dare valore umano alla tecnologia ecc…
– Se invece conduciamo l’analisi su un prodotto, ad esempio una macchina per fare la pasta fatta in casa, i punti di forza possono essere: la facilità di utilizzo, i materiali robusti con cui è realizzata, i pezzi di ricambio sempre disponibili e in tempi brevi, il servizio post vendita ecc…

Quali sono i tuoi punti di forza?
Prendi carta e penna, traccia una croce bella grande e segna nella prima casella in alto a sinistra i tuoi punti di forza.

Faccio ora un esempio di quali possono essere i punti di debolezza

– Lentezza nell’evasione degli ordini.
– Difficoltà nella gestione del servizio post-vendita e assistenza.
– Prezzo non in linea con le aspettative del cliente e con gli standard del mercato.

E tu in cosa ti senti debole o poco incline? Segnalo nella caselle in basso a sinistra.

Le opportunità possono essere individuate in vari ambiti:

– Possibilità di espansione grazie all’individuazione di nuovi mercati non ancora battuti.
– Fattori interni che possono migliorare i prodotto/servizio, come il potenziamento di un reparto per ottenere migliori performance nel prodotto offerto o nel sevizio pre e post-vendita ecc…

Quali opportunità intravedi nel tuo mercato?
Sforzati un attimo e scrivi quello che ti viene in mente nella prima casella di destra. Non avere paura se non ti viene niente o se quello che ti passa per la testa ti sembra non avere senso. Scrivi senza freni.

Infine vediamo le minacce…

– Concorrenza aggressiva dal punto di vista commerciale.
– Aumento del prezzo di alcune materie prime o materiali utilizzati che rendono più costose le lavorazioni.
– Ingresso di nuovi competitori (concorrenti) che possono sottrarci una quota di mercato.
– Perdita di una quota di mercato a causa di problemi socio-politici in alcune zone del mondo.

Vedi delle minacce all’orizzonte?
Riportale nel riquadro in basso a destra.

Ora ti chiederai “cosa faccio con queste informazioni?”

Complimenti, hai tracciato la mappa dei concetti che utilizzerai nella tua comunicazione: dai materiali grafici alla comunicazione sul punto vendita o negli eventi fieristici; dal sito web ai social.
Tu concentrati sull’analisi dei punti appena descritti, è già un ottimo inizio per fornire un quadro chiaro alle persone che si prenderanno cura della tua immagine. Questo ti permetterà di andare subito al sodo e di risparmiare tempo prezioso, oltre che denaro.
Ora nelle tue mani ci sono informazioni importanti, che non tutti hanno la capacità di procurarsi.
Siamo già pronti per fare un ulteriore passo in avanti: sarai in grado di rispondere ad una domanda chiave che tutti i grandi si pongono: “Qual è il concetto chiave che mi permetterà di distinguermi e quindi di essere ricordato dai miei clienti?”.
Nel prossimo articolo dal titolo “hot”, ti spiegherò come. Leggi subito “Il kamasutra del brand”.